
Quest' articolo di Cinzia Picchioni e' veramente utile,lo pubblico citandone la fonte..Cinzia e' una mia vecchia amica..mi ha insegnato molte cose..credo sia utile per tutti universalmente,considerare queste conoscenze..frutto di anni di meditazione Yoga.FONTE : http://www.magnanelli.it/YogaInOccidente/06_PicchioniNonDiSoliAsana.htm
Cinzia
Picchioni
Non di soli
âsana...
Un'alimentazione corretta ed
equilibrata è parte integrante del percorso yoghico
Lo yoga non è in veritàdi colui che mangia troppo,né di
colui che troppo si astiene dal cibo […],ma di colui che è misurato negli
alimenti
Bhagavad-gîtâ, III, 13
Che cosa dovrebbe mangiare il
vero yogin? La prima risposta che mi viene la prendo direttamente dalle
"astinenze", yama, la cui prima e più importante – nonché trasversale a
tutte le altre – è ahimsâ, cioè nonviolenza. E allora un vero
yogin non dovrebbe mangiare nessun animale (se mangio un animale
vuol dire che io – o qualcuno per me – l'ho ucciso, e ho dunque commesso
violenza, infrangendo la regola dell'ahimsâ). Dunque niente carne, pesce,
salumi, insetti. Per l'apporto proteico il vero yogin si orienterà sulle
proteine vegetali, contenute in quantità nei legumi (fagioli, piselli, ceci,
fave, soja, lenticchie), nei semi (mandorle, nocciole, arachidi, anacardi,
olive, semi di girasole, di sesamo, di zucca). Poi l'autentico praticante dello
yoga potrà scegliere di nutrirsi con l'enorme gamma di latticini, che però se
provengono da allevamenti industriali hanno causato sofferenza agli animali –
pur senza ucciderli – e allora qualche "purista" della nonviolenza potrà avere
qualcosa da dire. I vegani infatti non mangiano carne, pesce e salumi, ma non si
nutrono neanche di sottoprodotti animali (come i latticini), né di uova e
neppure di miele, sostenendo che per ottenerlo si sfruttano le api.
Il vegetarianesimo per molti induisti è uno stile di vita;
nasce da jîva-dâya, la compassione per gli esseri viventi. I jainisti –
seguaci del Jina ("Conquistatore"), contemporaneo del Buddha – arrivano a
spazzare la strada su cui camminano per non calpestare gli insetti. Senza
giungere a questi estremi, andiamo a curiosare tra le pagine della letteratura
tradizionale dello yoga per vedere se troviamo qualche utile considerazione sul
cibo e sul nutrimento.
La Shiva-samhitâ, ad esempio, stabilisce che non si
possano mangiare: sostanze acide, astringenti, amare o che producono
infiammazione; no anche al sale, al fritto e alla mostarda. Il libro suggerisce
di mangiare poco, ma spesso e ai principianti consiglia di evitare cipolle,
limoni, burro fresco, noce di cocco, zucchero. I cibi consentiti e anzi
consigliati sono cardamomo, afrodisiaci, stimolanti, datteri.
Anche la Hathayoga-pradîpikâ e la
Gheranda-samhitâ forniscono dettagliate indicazioni circa l'alimentazione
(vedi riquadri).
Chi pratica lo yoga può attenersi alla classificazione dei cibi
secondo la tradizione e le antiche regole che li dividono in tre categorie, a
seconda del guna che li caratterizza:
1) tamas (pesantezza, inerzia). A questa categoria
appartengono la carne, i salumi, i cibi inscatolati, o precotti e poi
riscaldati, i grassi.
2) rajas, il guna dell'energia, a cui
appartengono i cibi eccitanti (caffè, tè, vino, birra, alcolici), i cibi
piccanti, amari, tutte le spezie.
3) sattva (leggerezza, armonia): vi appartengono il
riso, il grano, il miglio, il mais, l'avena, l'orzo, il latte, il miele, i
legumi e la verdura, tutti cibi leggeri e puri.
Il pasto
Tutti dobbiamo mangiare, uomini e animali (in effetti anche le
piante "mangiano"). è tramite il cibo e l'aria che attingiamo principalmente
all'energia della natura, possiamo vivere e compiere le nostre attività. Perciò
è molto importante prestare attenzione all'alimentazione, perché – come si dice
– "siamo (anche) quello che mangiamo".
Quando mangiamo, la mente dovrebbe essere serena. Qualsiasi
alimento consumato in condizioni di agitazione psichica, ira o dispiacere, sarà
di difficile digestione e ci "avvelenerà". Anche il luogo dove si consuma il
pasto ha la sua importanza; evitate sempre i luoghi affollati e date il
benvenuto alla compagnia di buoni amici. Occorre essere in pace anche e
soprattutto con se stessi prima di mettersi a mangiare, quella calma che ci
deriva dall'avere assolto a tutti i nostri compiti con responsabilità. Ho
scoperto che l'Âyurveda prescrive di sedersi a tavola solo dopo aver nutrito gli
animali, i bambini, gli anziani e coloro ai quali dobbiamo rispetto. È
importante che la mente si trovi in uno stato di piacere, quiete e
equanimità.
Il cibo deve essere appetitoso, ma non bisogna lasciarsi
comandare dalla gola. I cibi che mettiamo in tavola ci devono essere familiari
(magari cresciuti alle nostre latitudini e consumati nella loro giusta stagione
di maturazione) e nella dieta dovrebbero essere presenti tutti i sei sapori (che
per l'Âyurveda sono dolce, salato, aspro/acido, piccante, amaro e astringente),
con la predominanza del sapore dolce. Gli alimenti dovrebbero essere leggeri,
non asciutti, leggermente unti, caldi. Nel consumare il pasto occorre essere
presenti con la mente all'azione, ed è inutile dire che sarebbe meglio lasciare
pensieri negativi e arrabbiature fuori dalla cucina (anche mentre si
cucina).
Niente è più indicato del miele per
addolcire la dieta dello yogin
PRESCRIZIONI ALIMENTARI DELLA HATHAYOGAPRADÎPIKÂ
Chi pratica il voto di castità, osserva una dieta moderata, ha
rinunciato alla vita mondana, è completamente dedicato allo Yoga, dopo un anno
diventa un siddha (un individuo perfetto, realizzato completamente),
nessun dubbio può essere sollevato.
Il cibo amaro, acido, piccante, salato, che surriscalda il
corpo, le verdure, la pappa di farina d'avena acida, l'olio di sesamo, i semi di
sesamo, la mostarda, le bevande fermentate, i pesci, la carne a cominciare da
quella di capra, il latte cagliato, il siero del latte, la varietà di legumi
kulattha (Dolichos uniflorus), il giuggiolo, i dolci di sesamo,
l'assa fetida, l'aglio ecc., sono considerati nocivi.
Si sappia che ci sono cibi inadatti per uno yogin e che
quello fatto riscaldare, l'asciutto (cioè senza ghi), quello troppo
salato, acido, avariato, quello composto da un'eccessiva quantità di verdure,
debbono essere evitati.
I cereali eccellenti: il grano, il riso, l'orzo, la qualità di
riso conosciuta come sastika, il latte, il burro chiarificato, lo
zucchero non raffinato, lo zucchero candito, il miele, lo zenzero essiccato, il
frutto del patolaka (Trichosantes dioica), i cinque tipi di
ortaggi, il legume mudga (Phaseolus mungo), l'acqua pura, sono
adatti per i migliori tra gli yogin.
Lo yogin deve nutrirsi con un cibo nutriente, molto
dolce, grasso, mischiato con latte e ghi, in grado di alimentare gli
elementi costitutivi del corpo, appetitoso e appropriato.
(da: Svâtmârâma, La lucerna dello
hatha-yoga - Hatha-yoga-pradîpikâ), Magnanelli, Torino 2002, pp.
46-47)
L'alimentazione dovrebbe variare secondo i gusti individuali,
ma anche rispettare la tradizione culinaria, tenere conto del clima e così via.
Gli alimenti possono essere leggeri – e quindi serviti alla fine del pasto – o
pesanti, e in questo caso saranno serviti per primi, insieme ai cibi dolci e
freddi. Alimenti acidi e salati dovranno essere serviti a metà pasto. Questi
accorgimenti dipendono dal fatto che il nostro stomaco è diviso in quattro
parti, di cui due parti (ovvero la metà dello stomaco) devono essere riempite di
cibi solidi, la terza parte di liquidi, mentre la quarta dovrebbe essere vuota,
in modo che il nostro apparato digerente possa funzionare, ne abbia lo spazio.
Occorre ridurre il consumo di cagliate, grassi, oli, carne di maiale, animali
acquatici, cibi asciutti ecc. e preferire invece cereali, vegetali, verdure in
foglia e frutta.
Sceglieremo le bevande in base alla loro capacità di favorire
la digestione dei cibi solidi. Ad esempio l'acqua fresca è la bevanda migliore
dopo un piatto a base di cereali, di frumento o di orzo, oppure dopo cagliate,
alcolici e miele; è meglio invece bere acqua calda dopo i prodotti da forno a
base di farina; il siero di latte e le bevande a base di aceto sono da preferire
dopo i piatti a base di verdure in foglia, spezie e fagioli. L'alcool è la
bevanda da usare dopo un pasto di carne; l'alcool è consigliato in dosi ridotte
alle persone che soffrono di digestione difficile.
Quanto mangiare?
"Come un uccellino" o come gli animali che, in genere, non
mangiano mai troppo (almeno finché non vivono con noi che li abituiamo male).
Ciascuno deve scoprire da sé quanto cibo occorre al suo organismo. Per fare ciò
basta seguire delle semplici indicazioni: se consumiamo cibi pesanti occorre
interrompere circa a metà il pasto, molto prima di essere completamente sazi.
Nel consumare cibi leggeri dobbiamo fermarci prima di aver raggiunta la soglia
della "completa sazietà". Se ci si attiene spontaneamente a questa regola non vi
saranno problemi di digestione.
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MITÂHÂRA
, DIETA MODERATA
Lo yogin consumi cibi a base di riso, farina d'orzo e
frumento, mudga e masa (tipi di fagioli) e ceci […] karkati
(una varietà di cetriolo), banane, fichi, […] melanzane, ravanelli […]
ortaggi verdi […].
Moderato è detto il cibo puro, dolce, delicato, che riempie
metà dello stomaco e si mangia con molto gusto. Si riempia di cibo metà dello
stomaco, una terza parte di acqua e si riservi la quarta parte al movimento
dell'aria. Nell'intraprendere lo yoga si evitino l'amaro, l'aspro, il salato,
l'acre, i fritti, il latte cagliato, il siero, l'eccesso di ortaggi, gli
alcolici, i frutti del borasso, i frutti dell'artocarpo.
Lo yogin dovrebbe mangiare burro fresco, burro
chiarificato, latte, zucchero di canna, candito o altrimenti preparato, zucchero
di cocco, banane mature, noci di cocco, melagrane.
Lo yogin mangi cibi facilmente digeribili, gradevoli,
delicati, nutrienti, invitanti e appropriati. Lo yogin eviti cibi duri,
sgradevoli, maleodoranti, piccanti, stantii, molto freddi o molto caldi, né
prenda bagni all'alba, digiuni o segua comportamenti che affaticano il corpo;
così, eviti di mangiare una sola volta al giorno, di non mangiare affatto e di
mangiare entro le prime tre ore dall'ultimo pasto.
(da: Insegnamenti
sullo yoga - Gheranda-samhitâ, Magnanelli, Torino 1994, pp.
74-75)
Riepilogando: mangiare lentamente, masticare bene e seguire le
prescrizioni di cui sopra. L'Âyurveda afferma che sia un'alimentazione eccessiva
sia un'alimentazione insufficiente sono dannose per la salute. Se ingeriamo meno
cibo di quanto ce ne occorre la nutrizione sarà insufficiente e provocherà una
mancanza di energia. Se i nostri tessuti sono indeboliti per mancanza di vigore
ne risentiranno anche il controllo e la regolazione del sistema nervoso. Se al
contrario ci ipernutriamo, sottoponendo il nostro apparato digerente ad un
superlavoro, andiamo incontro a malattie serie.
Che cosa non fare?
Sono tre le abitudini alimentari da condannare: mescolare
alimenti salutari e non salutari, consumare un nuovo pasto prima di aver
adeguatamente digerito il precedente e infine mangiare in ore improprie.
Stress, fatica e altri stati di agitazione psichica, unitamente
al consumo di alimenti non naturali, adulterati con ingredienti chimici,
sofisticazioni alimentari, nonché eccessivo consumo di carne, olio, grassi, cibi
non salutari e ogni genere di cattive abitudini dietetiche, sono in effetti
responsabili della maggior parte dei casi di ipertensione, arteriosclerosi,
malattie epatiche, diabete e persino cancro. L'Âyurveda consiglia due semplici
rimedi per evitare l'insorgenza di queste malattie: innanzitutto consumare cibo
soltanto in quantitativi facilmente digeribili e, in secondo luogo, fare
sufficiente attività fisica in modo che tutto ciò che si ingerisce sia
adeguatamente digerito.
Mangiare come se fosse un atto religioso
Nutrirsi è un'azione molto importante e sarebbe bello
rispettare un determinato rituale, fare attenzione alla preparazione della
tavola, ai colori, alle stoviglie, cercando che siano in armonia, non mangiare
guardando la televisione, ma neanche ascoltando musica techno. Magari accendere
una candela, leggere qualche brano della propria tradizione religiosa, o dire
una vera e propria preghiera, ringraziando per il fatto di poter mangiare (che
non è proprio così scontato sul nostro pianeta!). Basterebbe anche stare qualche
secondo in silenzio, facendo attenzione al respiro (che è un altro tipo di
cibo).
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COME PREPARARE LA CHAPÂTÎ, IL BUON PANE INDIANO
- Preparare un impasto omogeneo e morbido con acqua, farina
bianca, sale e un cucchiaio di olio d'oliva.
- Suddividere la massa in palline poco più grandi di una
noce.
- Stendere ciascuna pallina con il matterello, fino a formare
dei dischi spessi all'incirca 2-3 millimetri.
- Cuocere in una padella antiaderente precedentemente
riscaldata, senza olio.
- Per evitare che l'impasto si attacchi, si possono ungere con
olio di oliva il matterello e la superficie su cui si stendono le
chapâtî.
Cinzia Picchioni pratica yoga dal 1980 e lo
insegna dal 1987, tenendo corsi per principianti, per più esperti e per la terza
età. è autrice di diverse pubblicazioni: Yoga negli anni d'argento: come
praticare nella terza età; Le regole per la vita quotidiana (yama-niyama);
Introduzione allo yoga; Semplicità volontaria. Affianca all'insegnamento
dello yoga le sue conoscenze di Fiori di Bach e alimentazione
naturale.
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