wtorek, 6 października 2015

Alimentazione corretta Yoga

Quest' articolo di Cinzia Picchioni e' veramente utile,lo pubblico citandone la fonte..Cinzia e' una mia vecchia amica..mi ha insegnato molte cose..credo sia utile per tutti universalmente,considerare queste conoscenze..frutto di anni di meditazione Yoga.FONTE :   http://www.magnanelli.it/YogaInOccidente/06_PicchioniNonDiSoliAsana.htm

Cinzia

Picchioni

Non di soli

âsana...

Un'alimentazione corretta ed

equilibrata è parte integrante del percorso yoghico

Lo yoga non è in veritàdi colui che mangia troppo,né di

colui che troppo si astiene dal cibo […],ma di colui che è misurato negli

alimenti

Bhagavad-gîtâ, III, 13

Che cosa dovrebbe mangiare il

vero yogin? La prima risposta che mi viene la prendo direttamente dalle

"astinenze", yama, la cui prima e più importante – nonché trasversale a

tutte le altre – è ahimsâ, cioè nonviolenza. E allora un vero

yogin non dovrebbe mangiare nessun animale (se mangio un animale

vuol dire che io – o qualcuno per me – l'ho ucciso, e ho dunque commesso

violenza, infrangendo la regola dell'ahimsâ). Dunque niente carne, pesce,

salumi, insetti. Per l'apporto proteico il vero yogin si orienterà sulle

proteine vegetali, contenute in quantità nei legumi (fagioli, piselli, ceci,

fave, soja, lenticchie), nei semi (mandorle, nocciole, arachidi, anacardi,

olive, semi di girasole, di sesamo, di zucca). Poi l'autentico praticante dello

yoga potrà scegliere di nutrirsi con l'enorme gamma di latticini, che però se

provengono da allevamenti industriali hanno causato sofferenza agli animali –

pur senza ucciderli – e allora qualche "purista" della nonviolenza potrà avere

qualcosa da dire. I vegani infatti non mangiano carne, pesce e salumi, ma non si

nutrono neanche di sottoprodotti animali (come i latticini), né di uova e

neppure di miele, sostenendo che per ottenerlo si sfruttano le api.

Il vegetarianesimo per molti induisti è uno stile di vita;

nasce da jîva-dâya, la compassione per gli esseri viventi. I jainisti –

seguaci del Jina ("Conquistatore"), contemporaneo del Buddha – arrivano a

spazzare la strada su cui camminano per non calpestare gli insetti. Senza

giungere a questi estremi, andiamo a curiosare tra le pagine della letteratura

tradizionale dello yoga per vedere se troviamo qualche utile considerazione sul

cibo e sul nutrimento.

La Shiva-samhitâ, ad esempio, stabilisce che non si

possano mangiare: sostanze acide, astringenti, amare o che producono

infiammazione; no anche al sale, al fritto e alla mostarda. Il libro suggerisce

di mangiare poco, ma spesso e ai principianti consiglia di evitare cipolle,

limoni, burro fresco, noce di cocco, zucchero. I cibi consentiti e anzi

consigliati sono cardamomo, afrodisiaci, stimolanti, datteri.

Anche la Hathayoga-pradîpikâ e la

Gheranda-samhitâ forniscono dettagliate indicazioni circa l'alimentazione

(vedi riquadri).

Chi pratica lo yoga può attenersi alla classificazione dei cibi

secondo la tradizione e le antiche regole che li dividono in tre categorie, a

seconda del guna che li caratterizza:

1) tamas (pesantezza, inerzia). A questa categoria

appartengono la carne, i salumi, i cibi inscatolati, o precotti e poi

riscaldati, i grassi.

2) rajas, il guna dell'energia, a cui

appartengono i cibi eccitanti (caffè, tè, vino, birra, alcolici), i cibi

piccanti, amari, tutte le spezie.

3) sattva (leggerezza, armonia): vi appartengono il

riso, il grano, il miglio, il mais, l'avena, l'orzo, il latte, il miele, i

legumi e la verdura, tutti cibi leggeri e puri.

Il pasto

Tutti dobbiamo mangiare, uomini e animali (in effetti anche le

piante "mangiano"). è tramite il cibo e l'aria che attingiamo principalmente

all'energia della natura, possiamo vivere e compiere le nostre attività. Perciò

è molto importante prestare attenzione all'alimentazione, perché – come si dice

– "siamo (anche) quello che mangiamo".

Quando mangiamo, la mente dovrebbe essere serena. Qualsiasi

alimento consumato in condizioni di agitazione psichica, ira o dispiacere, sarà

di difficile digestione e ci "avvelenerà". Anche il luogo dove si consuma il

pasto ha la sua importanza; evitate sempre i luoghi affollati e date il

benvenuto alla compagnia di buoni amici. Occorre essere in pace anche e

soprattutto con se stessi prima di mettersi a mangiare, quella calma che ci

deriva dall'avere assolto a tutti i nostri compiti con responsabilità. Ho

scoperto che l'Âyurveda prescrive di sedersi a tavola solo dopo aver nutrito gli

animali, i bambini, gli anziani e coloro ai quali dobbiamo rispetto. È

importante che la mente si trovi in uno stato di piacere, quiete e

equanimità.

Il cibo deve essere appetitoso, ma non bisogna lasciarsi

comandare dalla gola. I cibi che mettiamo in tavola ci devono essere familiari

(magari cresciuti alle nostre latitudini e consumati nella loro giusta stagione

di maturazione) e nella dieta dovrebbero essere presenti tutti i sei sapori (che

per l'Âyurveda sono dolce, salato, aspro/acido, piccante, amaro e astringente),

con la predominanza del sapore dolce. Gli alimenti dovrebbero essere leggeri,

non asciutti, leggermente unti, caldi. Nel consumare il pasto occorre essere

presenti con la mente all'azione, ed è inutile dire che sarebbe meglio lasciare

pensieri negativi e arrabbiature fuori dalla cucina (anche mentre si

cucina).

Niente è più indicato del miele per

addolcire la dieta dello yogin

PRESCRIZIONI ALIMENTARI DELLA HATHAYOGAPRADÎPIKÂ

Chi pratica il voto di castità, osserva una dieta moderata, ha

rinunciato alla vita mondana, è completamente dedicato allo Yoga, dopo un anno

diventa un siddha (un individuo perfetto, realizzato completamente),

nessun dubbio può essere sollevato.

Il cibo amaro, acido, piccante, salato, che surriscalda il

corpo, le verdure, la pappa di farina d'avena acida, l'olio di sesamo, i semi di

sesamo, la mostarda, le bevande fermentate, i pesci, la carne a cominciare da

quella di capra, il latte cagliato, il siero del latte, la varietà di legumi

kulattha (Dolichos uniflorus), il giuggiolo, i dolci di sesamo,

l'assa fetida, l'aglio ecc., sono considerati nocivi.

Si sappia che ci sono cibi inadatti per uno yogin e che

quello fatto riscaldare, l'asciutto (cioè senza ghi), quello troppo

salato, acido, avariato, quello composto da un'eccessiva quantità di verdure,

debbono essere evitati.

I cereali eccellenti: il grano, il riso, l'orzo, la qualità di

riso conosciuta come sastika, il latte, il burro chiarificato, lo

zucchero non raffinato, lo zucchero candito, il miele, lo zenzero essiccato, il

frutto del patolaka (Trichosantes dioica), i cinque tipi di

ortaggi, il legume mudga (Phaseolus mungo), l'acqua pura, sono

adatti per i migliori tra gli yogin.

Lo yogin deve nutrirsi con un cibo nutriente, molto

dolce, grasso, mischiato con latte e ghi, in grado di alimentare gli

elementi costitutivi del corpo, appetitoso e appropriato.

(da: Svâtmârâma, La lucerna dello

hatha-yoga - Hatha-yoga-pradîpikâ), Magnanelli, Torino 2002, pp.

46-47)

L'alimentazione dovrebbe variare secondo i gusti individuali,

ma anche rispettare la tradizione culinaria, tenere conto del clima e così via.

Gli alimenti possono essere leggeri – e quindi serviti alla fine del pasto – o

pesanti, e in questo caso saranno serviti per primi, insieme ai cibi dolci e

freddi. Alimenti acidi e salati dovranno essere serviti a metà pasto. Questi

accorgimenti dipendono dal fatto che il nostro stomaco è diviso in quattro

parti, di cui due parti (ovvero la metà dello stomaco) devono essere riempite di

cibi solidi, la terza parte di liquidi, mentre la quarta dovrebbe essere vuota,

in modo che il nostro apparato digerente possa funzionare, ne abbia lo spazio.

Occorre ridurre il consumo di cagliate, grassi, oli, carne di maiale, animali

acquatici, cibi asciutti ecc. e preferire invece cereali, vegetali, verdure in

foglia e frutta.

Sceglieremo le bevande in base alla loro capacità di favorire

la digestione dei cibi solidi. Ad esempio l'acqua fresca è la bevanda migliore

dopo un piatto a base di cereali, di frumento o di orzo, oppure dopo cagliate,

alcolici e miele; è meglio invece bere acqua calda dopo i prodotti da forno a

base di farina; il siero di latte e le bevande a base di aceto sono da preferire

dopo i piatti a base di verdure in foglia, spezie e fagioli. L'alcool è la

bevanda da usare dopo un pasto di carne; l'alcool è consigliato in dosi ridotte

alle persone che soffrono di digestione difficile.

Quanto mangiare?

"Come un uccellino" o come gli animali che, in genere, non

mangiano mai troppo (almeno finché non vivono con noi che li abituiamo male).

Ciascuno deve scoprire da sé quanto cibo occorre al suo organismo. Per fare ciò

basta seguire delle semplici indicazioni: se consumiamo cibi pesanti occorre

interrompere circa a metà il pasto, molto prima di essere completamente sazi.

Nel consumare cibi leggeri dobbiamo fermarci prima di aver raggiunta la soglia

della "completa sazietà". Se ci si attiene spontaneamente a questa regola non vi

saranno problemi di digestione.

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MITÂHÂRA

, DIETA MODERATA

Lo yogin consumi cibi a base di riso, farina d'orzo e

frumento, mudga e masa (tipi di fagioli) e ceci […] karkati

(una varietà di cetriolo), banane, fichi, […] melanzane, ravanelli […]

ortaggi verdi […].

Moderato è detto il cibo puro, dolce, delicato, che riempie

metà dello stomaco e si mangia con molto gusto. Si riempia di cibo metà dello

stomaco, una terza parte di acqua e si riservi la quarta parte al movimento

dell'aria. Nell'intraprendere lo yoga si evitino l'amaro, l'aspro, il salato,

l'acre, i fritti, il latte cagliato, il siero, l'eccesso di ortaggi, gli

alcolici, i frutti del borasso, i frutti dell'artocarpo.

Lo yogin dovrebbe mangiare burro fresco, burro

chiarificato, latte, zucchero di canna, candito o altrimenti preparato, zucchero

di cocco, banane mature, noci di cocco, melagrane.

Lo yogin mangi cibi facilmente digeribili, gradevoli,

delicati, nutrienti, invitanti e appropriati. Lo yogin eviti cibi duri,

sgradevoli, maleodoranti, piccanti, stantii, molto freddi o molto caldi, né

prenda bagni all'alba, digiuni o segua comportamenti che affaticano il corpo;

così, eviti di mangiare una sola volta al giorno, di non mangiare affatto e di

mangiare entro le prime tre ore dall'ultimo pasto.

(da: Insegnamenti

sullo yoga - Gheranda-samhitâ, Magnanelli, Torino 1994, pp.

74-75)

Riepilogando: mangiare lentamente, masticare bene e seguire le

prescrizioni di cui sopra. L'Âyurveda afferma che sia un'alimentazione eccessiva

sia un'alimentazione insufficiente sono dannose per la salute. Se ingeriamo meno

cibo di quanto ce ne occorre la nutrizione sarà insufficiente e provocherà una

mancanza di energia. Se i nostri tessuti sono indeboliti per mancanza di vigore

ne risentiranno anche il controllo e la regolazione del sistema nervoso. Se al

contrario ci ipernutriamo, sottoponendo il nostro apparato digerente ad un

superlavoro, andiamo incontro a malattie serie.

Che cosa non fare?

Sono tre le abitudini alimentari da condannare: mescolare

alimenti salutari e non salutari, consumare un nuovo pasto prima di aver

adeguatamente digerito il precedente e infine mangiare in ore improprie.

Stress, fatica e altri stati di agitazione psichica, unitamente

al consumo di alimenti non naturali, adulterati con ingredienti chimici,

sofisticazioni alimentari, nonché eccessivo consumo di carne, olio, grassi, cibi

non salutari e ogni genere di cattive abitudini dietetiche, sono in effetti

responsabili della maggior parte dei casi di ipertensione, arteriosclerosi,

malattie epatiche, diabete e persino cancro. L'Âyurveda consiglia due semplici

rimedi per evitare l'insorgenza di queste malattie: innanzitutto consumare cibo

soltanto in quantitativi facilmente digeribili e, in secondo luogo, fare

sufficiente attività fisica in modo che tutto ciò che si ingerisce sia

adeguatamente digerito.

Mangiare come se fosse un atto religioso

Nutrirsi è un'azione molto importante e sarebbe bello

rispettare un determinato rituale, fare attenzione alla preparazione della

tavola, ai colori, alle stoviglie, cercando che siano in armonia, non mangiare

guardando la televisione, ma neanche ascoltando musica techno. Magari accendere

una candela, leggere qualche brano della propria tradizione religiosa, o dire

una vera e propria preghiera, ringraziando per il fatto di poter mangiare (che

non è proprio così scontato sul nostro pianeta!). Basterebbe anche stare qualche

secondo in silenzio, facendo attenzione al respiro (che è un altro tipo di

cibo).

 

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COME PREPARARE LA CHAPÂTÎ, IL BUON PANE INDIANO

- Preparare un impasto omogeneo e morbido con acqua, farina

bianca, sale e un cucchiaio di olio d'oliva.

- Suddividere la massa in palline poco più grandi di una

noce.

- Stendere ciascuna pallina con il matterello, fino a formare

dei dischi spessi all'incirca 2-3 millimetri.

- Cuocere in una padella antiaderente precedentemente

riscaldata, senza olio.

- Per evitare che l'impasto si attacchi, si possono ungere con

olio di oliva il matterello e la superficie su cui si stendono le

chapâtî.

Cinzia Picchioni pratica yoga dal 1980 e lo

insegna dal 1987, tenendo corsi per principianti, per più esperti e per la terza

età. è autrice di diverse pubblicazioni: Yoga negli anni d'argento: come

praticare nella terza età; Le regole per la vita quotidiana (yama-niyama);

Introduzione allo yoga; Semplicità volontaria. Affianca all'insegnamento

dello yoga le sue conoscenze di Fiori di Bach e alimentazione

naturale.

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